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e di preti. I deputati locali andarono a parlargli fermando l’automobile davanti al recipiente, ma dopo un poco egli li cacciò gridando che il puzzo della benzina gli guastava il latte. E quelli partirono ridendo, e i ragazzi e le donne si davan la mano e gli ballavano attorno. — Alla fine dello sciopero aveva una pelle tenera come quella d’una ragazza. Gliel’ho veduta e toccata anche io perchè è pronto a levarsi la camicia ad ogni richiesta. E giura che se gli torna quello sfogo, lui riproclama lo sciopero. Lo avvertii che erano le dieci e un quarto. Si avviò, poi si fermò come se si fosse dimenticato di qualcosa, e dalla tasca dei pantaloni tirò fuori un involtino con tante bustine minuscole: in ognuna c’era, molto grazioso, di smalto rosso e nero, un distintivo comunista, con la falce e il martello. E ce ne donò uno a ciascuno, me compreso. — Lo prenda anche lei. Un giorno le potrà essere utile. Non faccia complimenti. Questi amici lo sanno: li fabbrico io. Cento operai ho nella mia fabbrica di medaglie e distintivi e portafortuna: tutti, si sa, cointeressati all’azienda. Un’azienda modello: piccola, ma modello. Vuole qualche azione? Accettiamo azionisti borghesi. No? Lo dicevo per ridere. A proposito, – e mi teneva sottobraccio e mi spingeva nel vano della finestra, – chi potrebbe essere in questa cittadina il nostro rappresentante? Non solo per vendere al minuto, che per quello son buoni tutti, ma per assumere ordinazioni, da circoli, confraternite, società politiche, ginnastiche, turistiche?