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saltare, ricascando ora sopra un fianco, ora sopra l’altro, ora supina, ora bocconi; e loro a ridere, e l’Italia a strillare. In fondo ci si divertiva tanto, tra gli applausi, i discorsi, la medaglietta, le quindicimila lire, le indennità, gl’inchini, gli spari, il vino buono, le automobili dei prefetti, che ad annunciargli: – I borghesi sono tutti in ginocchio e domani il Governo rivoluzionario assumerà il potere, – si sarebbe messo a gridare come un ragazzo strappato al suo gioco: – No, ancóra un poco, ancóra un altro anno.... Era colmo d’aneddoti, di campagna e di città, su tutti i tumulti, i trambusti, gli scioperi di questi ultimi mesi. Ma preferiva gli aneddoti comici che ci narrava serio serio con un crescendo di solennità perchè la risata finale, sua e degli uditori, facesse più effetto. Mi rammento la descrizione d’un bagno di latte, preso dentro un tino da mosto, da un capolega dei contadini del Lodigiano, non so più quando, durante uno sciopero pel quale il latte non doveva essere nè venduto nè cagliato, ma piuttosto gittato per le strade e pei campi. Quel capolega era affetto da una prurigine o da un erpete, e una donna gli aveva da tempo consigliato un bagno di latte. Approfittò di quella fortuna e restò, salvo il sonno, per quarantotto ore in quella tinozza facendovi rinnovare il latte ogni due ore. Mangiava, scriveva, parlava, concionava, lanciava ordini da dentro la tinozza che di giorno faceva portare a forza di braccia sull’aja all’ombra dei pagliaj. C’era folla attorno, di leghisti, di donne, di ragazzi, di portordini, anche di borghesi