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Perchè è morto, – insinuò il Filiberti, ma l’altro non gli badò: — ....perchè è stato un galantuomo, e poi perchè è stato un gran diplomatico, e noi dobbiamo imitarlo. Lui che cosa voleva fare? L’Italia? Ebbene ad ogni guerra, si chiudesse con una vittoria o con una sconfitta, egli aveva cura di lasciare nel trattato di pace l’appiglio per un’altra guerra, per la guerra che ancóra gli era necessaria a raggiungere l’indipendenza del suo paese. E così facciamo noi per arrivare in un nuovo regime alla totale indipendenza dei lavoratori. Per esempio: si chiude oggi lo sciopero dei postelegrafonici? Bisogna chiuderlo in modo che almeno in una clausola essi ottengano un salario o un vantaggio che non ancóra sia stato ottenuto, mettiamo, dai ferrovieri. Si chiude lo sciopero dei metallurgici di Milano? Bisogna che, o nell’orario e nella costituzione delle commissioni di fabbrica o nei salarii minimi o nel caroviveri, essi abbiano qualcosa di più dei metallurgici di Brescia o di Torino. Ed ecco il prossimo sciopero assicurato. Non c’è santi, non ne escite più.... — Per me.... — Sì lo so, lei è un borghese più d’abitudini che di fatto. Lei è un lavoratore, e per di più, spero, organizzato. Dico voi borghesi, tanto per intenderci. E ripeto: voi borghesi non ne escite più. Un dente dopo l’altro, la ruota gira. — Ma intanto si logora. Non c’è una ruota borghese e una manovella proletaria, o una ruota proletaria e una manovella borghese. —