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in un museo col tuo cartellino appeso al collo. – Adesso, non te lo dice più. Tempi divertenti. Tutto sta nello scegliersi il punto di vista. Stamattina, sarà stata una digestione più facile, sarà stata la dolce temperie di questo maggio che rimporpora il sangue anche nei cervelli dei vecchi, m’ero messo dal punto di vista buono. E con quell’invettiva di Giacinta m’è tornata in mente anche l’apostrofe del nostro sindaco dopo la presa di Gorizia (il nostro sindaco, anni quarantadue ma richiamabile perchè ufficiale territoriale, esonerato perchè sindaco; suo fratello, esonerato perchè ingegnere comunale; suo cognato, esonerato perchè esattore delle imposte). – E a noi, – si chiese quel valentuomo la sera del 9 agosto 1916 al caffè mentre da tutta la penisola giungeva l’eco del giubilo e dello scampanìo per quella prima tangibile vittoria, – e a noi che per amore della pubblica cosa, per non lasciare cadere in frantumi la macchina sociale, abbiamo avuto l’abnegazione, diciamo pure la virtù di restare a casa nostra, d’attendere impavidi al nostro lavoro, di rinunciare sereni alle glorie della guerra, non dovrà il Governo dare una ricompensa? – Lo nominarono infatti, dopo poco, cavaliere ufficiale, ed ora egli permette che per brevità lo si chiami commendatore: il nostro benemerito commendator Pópoli. Mia moglie aveva allora creato qui nell’orto una piccola conigliera, tanto per offrirci un po’ di carne nei pranzi delle feste riconosciute. Quando quelle instabili e fetide bestiole mi guardavano cogli occhi rossi, muovendo di continuo, quasi a