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Ma tu fai il ferroviere perchè sei socialista? O fai il socialista perchè sei ferroviere! Bada: puoi essere socialista anche facendo il medico o l’avvocato. E puoi fare il ferroviere anche essendo un monarchico costituzionale. — No. Io faccio il ferroviere perchè, essendo io socialista, è una carriera seria. I medici e gli avvocati sono i servitori dei clienti. Sono vent’anni che ti vedo lavorare, e lo so. Prima avevi tremila lire all’anno. Nonno ne aveva duemila e quattrocento e l’ho veduto morire lavorando, che di notte, se un contadino scendeva dalla montagna a chiamarlo perchè la moglie sternutiva, nonno si doveva attaccare da sè il cavallo al suo calesse e partire anche sotto il diluvio. — E tu, macchinista o fochista, non dovrai correre il mondo, notte e giorno, neve e solleone, sul tuo terrazzino, maneggiando le tue valvole e le tue leve, bollenti o gelate da levarti la pelle, rischiando ad ogni minuto una polmonite o uno scontro? — Otto ore, papà, otto ore di lavoro, – allora mi rispondeva, – e, dopo, i miei comodi. Finita la gioventù, fra una ventina d’anni, o sarò in Parlamento o nei Consigli, deputato almeno a quindicimila lire, più il mio stipendio: totale, venticinque o trentamila; ovvero sarò capo deposito a quattordicimila e passa. E del mio lavoro sarò padrone io. Sulla macchina comando io, o almeno, finchè sarò fochista, non mi comanderà che il macchinista, cioè un compagno. Clienti? Uno solo: lo Stato. E lo Stato siamo noi. —