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E la prima a rifiorire sarà l’industria automobilistica, la vera industria italiana. — E, avanti a tutte, la Smac. — Scusate, – feci io, – che cos’è la Smac? — Dammi il tempo di respirare, caro genitore, e te lo dirò. La Smac, Società Milanese Automobili da Corsa, è la mia fabbrica, la fabbrica che io rappresento a Roma e in tutta l’Italia centrale. La macchina che è qui fuori è una Smac. La macchina che l’altro giorno s’è comprata Mastiotti, è una Smac. La macchina che s’è comprata il ministro del Lavoro, è una Smac. La macchina che per andare a villeggiare in alta montagna s’è comprata il Re, è una Smac. La macchina che per andare in trenta minuti da Roma alla sua villeggiatura di Frascati, s’è comprata il Cardinale segretario di Stato, è una Smac. La macchina che adopera Violetta Deh per andare fuori Porta San Giovanni alla Niagara Film, è una Smac. La macchina che s’è comprata la Missione commerciale russa, è una Smac. Società Milanese: esse, emme. Ma quando i socialisti saranno al potere, la chiameranno Società Mondiale. E il nome Smac resterà immutato. — Ma tu da quando ti sei dato alle automobili? — Io? E me lo chiedi tu che m’hai veduto maneggiare motori quando non avevo dieci anni? Della Smac m’occupo da tre mesi. E in tre mesi, con le mie conoscenze, ho venduto dieci macchine. Dico, dieci, – e spalancava le dita delle due mani: due mani lisce da borghese inguaribile. —