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al sicuro. E verso le sette è venuto da me un bel ragazzo biondo tutto trafelato, con un volto franco che gli avrei consegnata tutta la casa, non la pelliccia soltanto, e m’ha detto che Pascone voleva in fretta la pelliccia e il cappello nuovo perchè doveva fuggire. E io glieli ho dati. Avrebbe dovuto vederlo come parlava commosso, come mi supplicava di far presto, povero ragazzo.... Eravamo vicini alla porta di strada sul punto d’aprirla, quando da fuori scoppiò un applauso, un grande applauso: – Evviva Pascone! Evviva il nostro sindaco! Fuori Pascone! Certo erano i comunisti che volevano riprendere il sopravvento e cominciavano dagli applausi al loro sindaco. Mi fermai titubante. La signora Pascone mi serrò un braccio: – Non esca. – Gli applausi e gli evviva rimbombavano in quella angusta straduccia, facevano tremare i vetri delle finestre a terreno. Temetti che l’avvocato non si frenasse, uscisse dal suo letto, s’affacciasse pel gusto di continuare il suo eterno discorso, in pubblico, dall’alto. E corsi su. Troppo tardi. Quello era già alla finestra, con la testa fasciata, e gridava nel bujo: — Compagni.... Non aveva finito la parola che gli applausi si mutarono in fischi: — Abbasso Pascone! Abbasso i buffoni! Abbasso i comunisti! Abbasso il sindaco! – e, in una pausa, udii la voce di Tocci intonare: – Eja, eja, eja! Alalà! Gli altri fecero coro. Ma con l’ultimo alalà scoppiò anche una pioggia di sassi sulle persiane,