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ce lo avessi io, non starei a incollare le scatole. Noi purtroppo s’ha da vivere accanto a questa canaglia. Ce n’è di buoni, lo so. C’è mio figlio, purtroppo, e mi basta per credere che di buoni ce ne sia molti. Ma c’è anche della canaglia, e tanta. L’altra sera lo sa che è accaduto quando partivano le reclute del 901? Un manovratore bolcevico, e non le dico il nome, è apparso in stazione con una medaglia di bronzo appuntata per disprezzo sulla schiena, in fondo alla giacca. E tutti i cari compagni intorno a ridere, a sganasciarsi dal ridere. A momenti l’applaudivano, quel farabutto d’un disertore. Ma mio figlio anche con una mano sola.... Tu mettiti a mangiare e sta zitto.... Mio figlio, con la mano che gli è rimasta buona, gli ha strappata quella medaglia rubata chi sa a chi, e se l’è messa in tasca. Crede che uno solo di quei vigliacchi abbia protestato? Zitti tutti, e tela. E adesso a casa di medaglie ce ne abbiamo due. E la seconda mio figlio se l’è meritata quanto la prima. Roncucci mangiava e rideva, e il gatto aspettando il piatto da leccare lo fissava immobile, le orecchie ritte, che pareva di gesso. Passò un treno sul binario a un metro da lui ed esso non si mosse d’un pelo. Appena fu passato il treno, vidi che macchinisti e fochisti uscivano in fretta dal loro capannone, e presto riconobbi Nestore tra i primi, che gesticolava. — Lecca presto, Spia. Se no, ti vedono, – disse Roncucci porgendo al gatto la scodella vuota.