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solo perchè al confronto del delegato di pubblica sicurezza egli aveva fatto la figura d’un laido conservatore, ma anche perchè gli seccava di vedere la guerra dei socialisti contro i borghesi svanire così, per mancanza di borghesi. Per continuare il paragone caro al disgraziato Pasquarella, Nestore si ritrovava nello stato d’animo d’un generale che in guerra avesse preparato con cura meticolosa l’assalto a una posizione, lodando sè stesso e facendosi lodare per la sua perspicacia ed audacia, e l’assalto invece gli si fosse risolto in una pacifica passeggiata perchè in quella dolina, fortino, bosco o cocuzzolo non s’era trovata nemmeno l’ombra d’un nemico. Restava sempre il conforto di accomodare le cose nel bollettino; ma i soldati ridevano lo stesso. Del sottoprefetto messo in fuga, noi dunque non si parlò più. A me, dopo tutto importava che le ripetute offese all’onore del nostro sindaco non si ripetessero dentro casa mia o meglio, per toccare il fondo della morale, che capitando uno scandalo nessuno potesse sospettare in me o in mia moglie una brutta complicità in quelle offese. I due lucchetti mi davano questa sicurezza; le loro chiavi erano nel mio cassetto; e talvolta salivo anche a toccarli, con la soddisfazione con cui un sovrano passa in rivista la guardia del corpo. Qualche giorno dopo la partenza di Nestore e di Giacinta per Roma, presi le due chiavi e salii in soffitta ad aprire quelle porte. Le