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della guerra e della fronte, anzi (com’egli diceva ligio, per abitudine, alle ingiunzioni del primo Comando Supremo e del generale Porro) del fronte. Ebbe ragione lui. Presto si ritrovarono sette od otto pezzi della ghisa d’una Sipe a spicchi o, per dirla tecnicamente col sottoprefetto, a “frattura prestabilita”. Me ne andai verso il Circolo mentre il cavalier Pasquarella chiedeva ai presenti che cosa mai si poteva inventare per impedire che la stampa se ne occupasse. Avevo fatto pochi passi quando fui fermato dall’onorevole Saltelli deputato socialista il quale, con Filiberti segretario della Camera del Lavoro e altri quattro o cinque “compagni” di Nestore, accorreva a fare, come si suol dire, un sopraluogo. Spiegai loro i risultati di quello mio. Ma, obbedendo alle necessità del loro partito, essi erano già deliberatamente furenti perchè “certo il proletariato sarebbe stato accusato di quello stupido scherzo”. — La vera inchiesta la faremo noi, qui e in Parlamento. L’epoca delle bombe ammaestrate è finita per sempre. Che cos’è la verità? È quell’idea che uno si porta bell’e fatta in tasca quando va incontro alla realtà. L’inchiesta giudiziaria cercava la verità; l’inchiesta socialista l’aveva trovata prima di cercarla, e perciò doveva trionfare. Tre giorni dopo, essendo domenica uscì sul Martello, periodico settimanale dei rossi, il testo dell’interpellanza dell’onorevole Saltelli al Ministro dell’Interno “sullo scandalo della bomba fatta esplodere