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anni, e le occorrevano queste malizie per non cadere di seggio. Quel giorno in soffitta, tra le scomposte chiome di lei, m’era sembrato di vedere, alla radice, del bianco. Povera donna, doversi tingere, e avere un amante di undici o dodici anni più giovane di lei. Sono un provinciale, lo so, ma la tintura delle donne non più giovani m’ha sempre commosso. I più la considerano una bugia come un’altra, a danno degl’ingenui. Alcuni sostengono che quel loro colorirsi pelle e capelli con colori di giovinezza è un segno di civile cortesia pel loro prossimo che esse non vogliono affliggere con lo spettacolo della decadenza e vecchiaja loro: qualcosa di simile a quel che fa la provvidenza divina col cielo al tramonto. Ma io ho sempre creduto che per quelle disperate donne questo sia un modo per consolare sè stesse, per ingannare sè stesse prima degli altri. Lascialo, lettor mio, dire a un medico che di gente n’ha vista invecchiare, patire, morire: v’è un inganno dal quale il più scaltro dei viventi non si salverà mai: dall’inganno di sè medesimo. Il fatto si è che, strattagemma come io credevo o verità come credeva mia moglie, Nestore s’agitava e soffriva: soffriva anche come socialista ed organizzatore a trovarsi la prima volta tra i piedi un prefetto che tardava ad obbedire e a scomparire. Non poteva telegrafare al ministro dell’Interno la vera colpa di questo funzionario, sebbene io creda che, se egli avesse fatto conoscere in tempo questa colpa, non dico al Presidente del Consiglio, ma al sottosegretario