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barricate, bombe e sóvieti, era bene tenersi aperta una porticina sull’avvenire. Chi sa, Nestore poteva essere anche la salvezza di suo marito in un giorno di fucilazioni o impiccagioni. – Sappiate che mio marito è il migliore amico che io abbia al mondo e che sono sempre pronta a tutto sacrificargli, salvo il mio amante, – dice a Babùc la bella dama di Persepoli nella favola di Voltaire. Intanto ai primi tumulti ella era accorsa a nascondere nella casa del suo amante prosciutti e marmellate: il viatico verso il nuovo regime. In questa preparazione d’una possibile difesa, Cencina doveva provare anche il legittimo orgoglio di chi si sente superiore alle vicende storiche, e tiene nella destra l’oggi, nella sinistra il domani. Il suo letto era un ponte tra il passato e l’avvenire. Poteva cogli anni finire in un museo. In certi musei v’è di peggio. Ma anche senza salire a queste considerazioni storiche e filosofiche che potevano alla fine, senza superbia, essere più mie che sue, confrontando le date e le pubbliche voci, scoprii al capriccio della signora Cencina un’ultima causa od occasione che mi sembrò conclusiva. Nel giugno del 1918 quando noi si ributtò e si trattenne di là dal Piave l’assalto nemico, si annunciò la morte in combattimento del tenente Tocci, di qui, figlio del direttore della nostra fabbrica di concimi, il più nero dei bianchi, come lo chiamava suo padre, perchè bruno di natura, scurito dalle marce e manovre e giochi