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che questo fosse il titolo più ragionevole, cioè più attraente e di moda. E la copertina è come il vestito d’un libro: deve essere di moda poichè il libro ha da mostrarsi per le strade, ha da viaggiare nei treni, ha da far figura (dicono) nei salotti.

Se poi risulterà che il mio amico aveva ragione e se queste pagine non riusciranno accette al pubblico d’oggi perchè gli sono troppo vicine ed esso vorrebbe, almeno leggendo libri, pensare ad altro, niente impedirà che il libro abbandonato o invenduto possa essere letto fra cinquant’anni, com’egli desiderava, quando la gente illudendosi d’esser mutata, si divertirà a leggere qualche diretta descrizione delle nostre ormai lontane pazzie; si divertirà ma, al solito, non c’imparerà niente.

In questa ipotesi, il mio amico aveva chiesto che il suo libro fosse stampato sopra una carta che durasse qualche decina d’anni. Ma l’editore gli ha risposto che questo, per un filosofo come lui, era un desiderio orgoglioso; e non ha voluto soddisfarlo. Il mio amico, com’è suo costume, s’è subito rassegnato, e m’ha risposto: – Il desiderio di sopravvivere è un segno di modestia, non d’orgoglio. Significa che all’uomo non basta sentirsi dare dell’imbecille in vita; vuole che glielo diano, per castigo della sua vanità, anche dopo morto. Ringrazii dunque il suo editore per aver concesso alle mie paginette una vita forse anche più breve di quella che resta a me.

U. O.