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che hanno i nervi a posto, si rassegnano e si consolano con lo scetticismo. Vedrà: questo è tempo, insieme, da santi e da scettici.
Ma non sto a ripetere le idee del mio amico dottore perchè sono, come è giusto, anche contradittorie, nè egli s’affatica mai a sanarne le contraddizioni e a rammendarne gli strappi, accontentandosi che un’idea lo nutra e lo conforti magari per un giorno solo; e anche perchè molte delle sue idee e dei suoi capricci egli stesso le ha scritte nelle pagine seguenti anche troppo diffusamente, se non sbaglio.
Queste pagine non sono infatti un racconto filato e cucito, e perciò egli non voleva concedermi di affidarlo al mio editore perchè lo stampasse. Come si vedrà, egli ne aveva destinato il manoscritto alla biblioteca della sua città natale perchè fosse aperto e letto addirittura fra mezzo secolo; anzi queste pagine erano solo una parte dello scartafaccio che, prega e riprega, egli mi mostrò mesi fa. Ma nè l’editore nè i lettori hanno da temere che questo libro abbia un séguito. Il mio amico m’ha giurato d’avere distrutto tutto quello che non è stampato qui; ed io stesso ho altro da fare alla mia età, che pubblicare manoscritti altrui, per quanto possano valer più dei miei.
In questo, nonostante il permesso dell’autore, niente ho mutato salvo i nomi dei luoghi e delle persone, cominciando da quello di lui. Quanto al titolo, egli ha ragione: non corrisponde al tema del libro dove il figlio di lui e le sue vicende sono piuttosto un’occasione per parlare d’altro che il soggetto d’un racconto. Ma all’editore è sembrato