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Il bovaro andava contro la tramontana più accendendosi a quell’urlo e a quell’urto veementi, e per scaldarsi bestemmiava contro Biagio, e contro Beppe e contro la lucertola rubatagli e si ripeteva tra due bestemmie sibilanti i suoi tre titoli di possesso:

— Biagio è al servizio mio. Il campo è mio. Biagio l’ha veduta per primo.

Entrò nel macello col vento, come se fosse lanciato dal vento.

— Oh padron Beppe! Io rivoglio la lucertola!

Beppe batteva ritmicamente la carne per le salsicce, con la coltella a due manici; e senza alzar gli occhi verso il nuovo venuto posò la coltella e si mise a radunare sul tagliere in un sol mucchio tutto il tritume, e facendone piovere un pizzico dall’alto lentamente come fosse polvere d’oro, rispose con indifferenza un po’ ironica:

— Che lucertola volete? Guardate che carne color di rosa! Sembrano rubini.

— Non scherziamo, padron Beppe. Io voglio la lucertola a due code. L’avete trovata sul campo mio; anzi prima di voi l’aveva veduta Biagio; e Biagio è garzone mio.

— Magari ce l’avessi ancóra! – rispose con la stessa quiete il macellaio versando il sale da una