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lata e un po’ corta come fosse una giubba gallonnata e fulgente, lo impensierivano vagamente.
Ma, anche priva dei gelosi consigli di suo marito, Giulietta sapeva resistere alle seduzioni dell’economo. E soltanto quando nei romanzi prestati da lui trovava qualche segno in margine proprio di passaggi terribili e disperati, alzava gli occhi dalla lettura e li fissava sognando alla finestra donde le apparivano sotto un rettangolo alto di cielo azzurro la casetta bianca dei Merini e la loro loggia stretta con la ringhiera coperta di logori tappeti distesi e di panni lavati.
Quando uno dei ragazzi Merini veniva in loggia a giocare, a cantare, o a far qualche cosa di peggio, ella riponeva i quieti occhi azzurri sul libro piegato, e la fantasia si riaddormiva. Una volta o due l’Economo aveva osate il bacio della mano, ma ella lo aveva respinto pur senza sdegno ripetendo sempre lo stesso scherzo:
— Mi avete presa per una monaca?
E la sua civetteria finiva lì.
A quei giorni venne su Luigino Degliastri, e Giulietta gli apparecchiò una camera all’ultimo piano, perchè quella camera aveva anche un ingresso separato sopra una viuzza finitima alla