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glia di vite, Pianto d’amore, Lacrymae rerum... dove si piangeva sotto un velo lirico la freddezza della maestra di San Giacomo la quale poi mostrandosi di fatto molto calda pel poeta biondino gli ripeteva meravigliata mentre si stringeva il busto e si riallisciava i capelli:

— E dopo questo sei capace di chiamarmi su la Vespa, in pubblico, la crudele carnefice del cuore!

Quello era per l’uso audace di quel «sostantivo comune» uno dei più lodati endecasillabi di Luigino.

Il fatto si è che egli andò a studiar lettere in Roma con tanto ardore che non ne scrisse nemmeno una alla maestrina «crudele carnefice»; e per quell’abbandono inaspettato la sua fama locale di poeta erotico crebbe come quella di un avvocato che per troppa clientela rifiuti qualche litigio.

La maestra finse di acquietarsi facilmente, anche perchè un suo alunno malignetto che la sera andava a imparare il latino dal curato, una mattina scrisse su la lavagna della classe «Luigino fa l’amore con la maestra.» E al poeta biondo succedette l’ispettore comunale canuto ma tinto in nero.