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Al numero quattordici:
— Segnate il Senatore. Non posso dar spiegazioni.
Giacomo con un po’ d’ansia mormorava:
— E io?
— Aspetta, aspetta. C’è tempo ancora.
Al numero diciotto finalmente venne Giacomo, al numero dieciannove venni io, poi l’igienista, poi il cavaliere di cappa e spada, poi due tenenti di cavalleria... contemporaneamente, poi un deputato, poi nient’altro.
— Non ce ne sono più? — Domandò con la matita in mano. — Eh via! Uno te ne sarai dimenticato di sicuro.
— E chi? No, no, son tutti.
— Non ti pare che bastino? — mormorò Giacomo che avea temuto una sconfitta e si era salvato per miracolo.
Io esortavo:
— Un altro, via, un altro ne trovi. Se ci pensi bene, ne trovi anche due.
— No, no, proprio no. E ve lo direi! Che mi fa, a me? Io ve li ho detti tutti, giuro, — e con indifferenza accese un’altra sigaretta e bevve un’altro bicchierino di Kümmel.
Ella aveva tutta la buona intenzione di farmi