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caldo e la strada bianca polverosa parve lunghissima. Bianca osò: — Ti sei annoiata con noi? — No. Voialtri, piuttosto... — Noi? — Sì, me ne sono accorta. Io vi... genavo – disse Anna ripetendo i francesismi posticci imparati nella conversazione dell’amica. — Ma, ti pare!... E poco dopo: — Non conoscevate nessuno di quei romani? — No. Oh, son tutti borghesucci!... E Anna tacque umiliata, e la sera se ne andò a letto presto, senza rivedere gli amici. La mattina dopo, come era giorno di festa, ella si acconciò con somma accuratezza secondo le ultime regole. Sperava di sperdere, con la romorosa ammirazione di Oreste, le ultime nebbie della sua tristezza. Oreste giungeva per lo più all’ora della prima messa; e per la messa la campana aveva suonato tre volte, quando Anna ebbe finito di acconciarsi e si guardò nel piccolo specchio, contenta di sè. La campana suonò la quarta volta, l’ultima. E Oreste non veniva. All’improvviso ella udì un’alta voce irosa nella corte: —