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i segretucci poveri del suo amore borghese e comune. Dapprima Anna si stupì a quelle domande troppo audaci per una sposina; poi pensò che a Roma le ragazze di dieci anni ne sanno più di una madre di dieci figli, e gustando quelle piccole confidenze vivaci, rispose parte a parte, finì per prevenire le domande, arrivò fino ad inventare qualche particolare a maggior gloria sua e di suo marito. Bianca a volte interrompeva: — Anche noi... Anche io... Anche lui. E Anna godeva, ora che s’era sfrenata a parlar liberamente, e le pareva per riflesso di rivivere sotto la sua breve pallidissima luna di miele. Ma poi nè il pomeriggio nè la sera i due si fecero vedere più. La mattina dopo Bianca entrò senza farsi annunciare nella camera dell’amica. — Ancora non ti sei vestita? Anna, spaventata, era corsa presso il letto, ne aveva ghermito il lenzuolo e se ne copriva: — Scusa, scusa. Ancora non mi sono... — E per questo? Tra donne... eh, via!... Vestiti in pace. Io sto qui su la poltrona... Ho portato delle sigarette. E Anna, spaventata da quella presenza, meravigliata a veder l’amica fumare con un’indifferenza