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gli austriaci, no. Reims, Soissons, Arras, Louvain, Ypres, sì; ma Venezia, Ravenna, Verona, no. — In tanti anni di pace la civiltà e anche la «cultura» s’erano occupate con tanto petulante affetto dei monumenti d’Italia, e prima di tutto di Venezia. Tutto il mondo e primi, per la quantità, tedeschi, austriaci e magiari erano venuti ad adorare in ginocchio Venezia e la sua bellezza tra sospiri e serenate e giuramenti d’amore. Per l’Italia, giardino d’Europa, culla dell’arte, patria di Raffaello, di Michelangelo e di Leonardo e degli altri illustri che tutti sanno di nome, regno degli albergatori, méta degl’innamorati, sposa prediletta del capitale tedesco o almeno delle banche tedesche con capitale italiano, anche Attila divenuto ormai esteta, professore e banchiere, avrebbe fat-