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palissimi, e cioè la fine del gusto che dev’essere appunto il legame fra l’artista che crea e lo spettatore che ammira; la fine d’un’arte italiana e d’uno stile singolarmente italiano, perchè lo stile è un fatto non di volontà ma d’istinto, non d’uno solo ma di tutti, non di pura fantasia ma di accettata continuità e universalità, fatale e corrente e visibile dovunque, nella moneta come nel palazzo, nella chiesa di Dio come nel boccale del bevitore, nel monumento per l’eroe come nell’anello per la sposa. Ricordate invece le aberrazioni e i balordi svaghi delle esposizioni e dei concorsi nel nostro tempo d’archeologia e di pace? Gli artisti divisi in scuole non più secondo l’anima o la razza loro, ma secondo la loro tecnica; o la loro teoria anzi la loro calligrafia, impressionisti, divisionisti, sintetisti, cubisti;