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marco praga 77

sa che cosa! Così diventai drammaturgo. Da allora ho scritto una commedia all’anno perché mi occorre per vivere.

— Ma il successo pecuniario del L’Erede non ti indurrà a mitigare la crudezza del dramma naturalista con una qualche parvenza d’intreccio atto a piacere al pubblico?

— Certo. Il pubblico è parte essenziale nella concezione di un dramma. E io aggiungerò qualche lieve trama alle fila rigide del dramma verista, ma solo tanto quanto sia compatibile con la realtà.

— Il dramma, come tu lo intendi, cioè la nuda e cruda riproduzione della verità senza un’Idea primaria che ne regga le parti, non ti pare inutile?

— No. Io odio Ibsen e gli Ibseniani. Io voglio che l’arte sia fine a sé stessa. Basta il Vero nitidamente còlto. Un nostro amico, un milanese tende all’Ibsen: è Enrico Butti, ma, come vedi, malgrado il suo ingegno egli è caduto. Dopo aver guardato la verità che io pongo sul palcoscenico, il pubblico dedurrà la sua idea. Ma