reale; una dialettale viva, chiara pittorica, sgrammaticata, asintattica; una media che dirò borghese che è scritta dai giornali, che ripulisce il dialetto sperdendone la vivacità e tenta imitare la lingua aulica senza ottenerne la limpidezza. Io che sono stata tanto accusata di scrivere in una lingua cattiva imperfettissima, io che anzi confesso di non saper scrivere bene, ammiro in ginocchio chi scrive bene, chi fissa le idee sue in quella prima lingua aulica e lucente. E vi dirò che non so scriver bene per due ragioni, una mia personale ossia gli studii cattivi e incompiuti (ho fatto tutta la Scuola normale), una di ambiente ed è l’esistenza di quelle tre lingue che notavo più su. Ma se la mia lingua è scorretta, se io non so scrivere, se io ammiro chi scrive bene, vi confesso che, se per un caso imparassi a farlo, non lo farei. Io credo con la vivacità di quel linguaggio incerto e di quello stile rotto di infondere nelle opere mie il calore, e il calore non solo vivifica i corpi ma li