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Roma, gennajo del ’95.


Nel suo villino di via Vicenza ho trovato Ruggero Bonghi in una piccola stanza colma di libri fino al soffitto, davanti a un tavolino carico di libri greci, correggendo le bozze di una nuova edizione del Fedone. Un grande scialle scuro gli avvolgeva le gambe ed egli appariva pallido e un po’ stanco, specialmente negli occhi.

— Tutto congiura — egli m’ha detto — contro questa povera letteratura italiana. Prima di tutto, le condizioni estrinseche le sono veramente mortali: essa non riesce a passare le Alpi che rarissimamente e recentissimamente, e in Italia il suo compenso pecuniario è minimo