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176 ferdinando martini

mente, e poi controllino i loro studi con l’uso reale. Quel che manca è un buon vocabolario della lingua parlata. Tutti quelli che ci sono accolgono parole disusate e viete. Io sto tentandone uno. La lingua nostra corrente, spontanea, vera è ricca quanto e più d’ogni altra lingua. Mi rammento un aneddoto di parecchi anni fa. Eravamo in parecchi una sera all’antico Aragno; era allora uscito l’Au bonheur des dames di Emilio Zola, e il direttore d’un giornale romano allora molto diffuso disse che lo avrebbe voluto pubblicare in appendice al suo periodico, ma che sarebbe stato impossibile tradurlo esattamente per la copia di vocaboli sopratutto di arredi donneschi. Io gli proposi di tradurlo parola per parola; tutti giudicarono la prova difficile, e il direttore accettò la scommessa. E io tradussi puntualmente il romanzo tanto temuto, e vinsi la scommessa, e onestamente credo di averlo tradotto bene.

— Pure nella prosa, dal Carducci al