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xii prolegomeni

di un centro che come in Francia, attiri a sé stabilmente i letterati e gli artisti. Un mio collega francese, Jules Huret, compì tre o quattro anni fa, con bel successo una Enquête sur l’Évolution littéraire in Francia e in Belgio, ma, meno una o due facili escursioni, egli potè svolgere la sua inchiesta dentro Parigi, e anche potè ai suoi letterati proporre domande fisse, quasi scolastiche, su la morte del naturalismo, il trionfo dello psicologismo, l’avvenire del simbolismo — domande qui da noi inani e forse incomprensibili. Io invece da Roma mi son dovuto, attraverso a Bologna e a Venezia, spingere fino a sotto il confine ad Arsiero nel Vicentino e a Campiglia Cervo nel Biellese, là per vedere Antonio Fogazzaro, qui per cercare di Edmondo de Amicis; e da Genova, ripassando per Roma, son dovuto scendere fino a Napoli e in Abruzzo. Bene a ragione i giornali umoristici della mia Roma nell’estate scorsa mi figuravano sperduto in ignote lande, abbigliato in fogge strane, discendendo il corso di ignoti fiumi, iner-