si sta formando adesso. Il romanzo deve avere al suo servigio anche la lingua parlata, non la sola lingua aulica, e una lingua parlata veramente capace d’esprimere il pensiero moderno con le sue sottigliezze e le sue sfumature non c'è ancora in Italia. Bisogna perciò studiare i testi e diffondere il vocabolario, di cui una gran parte è inerte e sconosciuta; bisogna liberarci di tutti i neologismi esotici e sostituire ad essi i vocaboli indigeni, quasi sempre più esatti e più espressivi. Solo dopo questo studio potremo permetterci di assumere una forma di periodare più libera e più sciolta che non sia quella tramandataci dai modelli antichi e consacrata dagli academici, senza pericolo di scrivere in prosa dialettale, come si è fatto per molti anni e si fa tuttora anche da letterati, — o in una illeggibile prosa aulica, zeppa di leziosaggini e di circonlocuzioni viziose. Gabriele d’Annunzio ha dato nei suoi libri ultimi un saggio eccellente di quanto si possa adattare al pensiero contemporaneo