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cesare cantù 99

torno, quasi da lui presente derivasse il pallore.

Un ricordo mi occupava. Ferdinando Martini una sera dell’ultimo inverno mi aveva narrato un suo estremo colloquio con Aleardo Aleardi pochi mesi prima della morte del poeta, una notte a Venezia, su la Riva degli Schiavoni. Diceva il poeta:

— Tutto, tutto è mutato. Io, io solo non so mutare.

Non significava questo appunto il sorriso dello storico illustre tra quei fiori nel giardino constretto dalle muri grigie? Oh morte nella vita, oh terrore dell’agonia cosciente! Chi piange il morire dell’anima o della mente quando vive ancora il corpo?



Poco dopo io mi sono congedato, temendo di stancare il Superstite. Egli è rientrato nello studio. Io, attendendo la domestica che mi doveva ricondurre, mi sono aggirato per il giardino. In qualche profonda sera d’estate non pensa egli mai tra