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federico de roberto | 85 |
— Sì. Già ho passato parecchi mesi a Roma a bellaposta. Ho in mente un romanzo di vita parlamentare. Ma... vedremo.
— E tra I Viceré e questo libro?
— Pubblicherò un lungo studio fisiopsicologico su L’Amore, al quale attendo da molto tempo. Ma torniamo a noi. Come ti dicevo, la seconda ragione del mio pessimismo, è la mancanza di una lingua agile e sicura. Tra la lingua nobile aulica che Gabriele d’Annunzio predica e a volte usa, e la lingua comune parlata viva e vivace, che c’è? O meglio abbiamo una lingua che le comprenda tutte e due? Perché quella prima sarà adatta a formulare precisamente un’analisi psicologica o a descrivere uno stato d’animo o un paesaggio fine e poetico; questa seconda (e il Manzoni l’ha adoperata) è più borghese, serve a nominare gli oggetti e gli uomini tra cui viviamo ogni giorno, serve a parlare e a intenderci nella vita comune. Il romanzo che vorrà riunire il romanzo puramente psichico col romanzo di costume (e