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Milano, agosto del ’94.


È un giovane di appena trent’anni, bruno, elegante, ha il monocolo. Parla con accento siciliano, e nel valido manipolo dei romanzieri siciliani, sebbene così giovane viene terzo, subito dopo il Capuana e il Verga. In questo mio soggiorno egli è stato uno dei tre o quattro compagni più cortesi e più cari e più assidui, così che quello che qui riassumo a mo’ di intervista è stato invece argomento di discussioni lunghe, diverse, appassionate.

Il de Roberto non ha alcuna fiducia nel buon successo della letteratura italiana, o almeno lo differisce ad anni molto lontani ancora. E due sono le ragioni precipue di questa sentenza; e molte le secondarie. E le due ragioni sono la mancanza di un