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libro terzo 67

La vereconda Clitennestra, e retti
Pensier nutria, standole a fianco il vate,
Cui di casta serbargliela l’Atride345
Molto ingiungea, quando per Troja sciolse.
Ma sorto il dì, che cedere ad Egisto
La infelice dovea, quegli, menato
A un’isola deserta il vate in seno,
Colà de’ feri volator pastura350
Lasciollo, e strazio: e ne’ suoi tetti addusse
Non ripugnante l’infedel Regina.
E molte cosce del cornuto armento
Su l’are il folle ardea, sospendea molti
Di drappi d’oro sfavillanti doni,355
Compiuta un’opra, che di trarre a fine
Speranza ebbe assai men, che non vaghezza.
Già partiti di Troja, e d’amistade
Congiunti, battevam lo stesso mare
Menelao, ed io: ma divenimmo al sacro360
Promontorio d’Atene, al Sunio, appena,
Che il suo nocchier, che del corrente legno
Stava al governo, un’improvvisa uccise
Di Febo Apollo mansueta freccia,
L’Onetoride Fronte, uom senza pari365
Co’ marosi a combattere, e co’ venti.
L’Atríde, benchè in lui gran fretta fosse,