De’ popoli al pastore, e di persona
Più alto il rese, e più ritondo in faccia.470
Maravigliava Ulisse, allor che il vide
Simile in tutto agl’Immortali, e, Padre,
Disse, opra fu, cred’io, d’un qualche Nume
Cotesta tua statura, e la novella
Beltà, che in te dopo i lavacri io scorgo.475
Oh, riprese Laerte, al padre Giove
Stato fosse, e a Minerva, e a Febo in grado,
Che quale allora io fui, che su la terra
Continental, de’ Cefaleni Duce,
La ben construtta Nerico espugnai,480
Tal potuto avess’io con l’arme in dosso
Starmi al tuo fianco nella nostra casa,
E i Proci ributtar, quando per loro
Splendea l’ultimo Sol! Di loro a molti
Sciolte avrei le ginocchia, e a te sarebbe485
Infinito piacer corso per l’alma.
Così Laerte, e il figlio. E già, cessata
Dell’apparecchio la fatica, a mensa
Tutti sedeansi. Non aveano ai cibi
Stese l’avide man, che Dolio apparve,490
E seco i figli dal lavoro stanchi:
Poichè uscita a chiamarli era la buona
Sicula madre, che nodriali sempre,