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libro vigesimoquarto 313

Spento affatto, a sè prese, ed il sostenne.
Ma come il fiato in seno, e nella mente445
I dispersi pensieri ebbe raccolti,
O Giove padre, sclamò egli, e voi,
Numi, voi certo su l’Olimpo ancora
Siete, e regnate ancor, se la dovuta
Pena portâr de’ lor misfatti i Proci.450
Ma un timore or m’assal, non gl’Itacesi
Vengan tra poco a queste parti in folla,
E messi qua e là mandino a un tempo
De’ Cefaleni alle città vicine.
     Sta di buon core, gli rispose Ulisse,455
Nè ti prenda di ciò cura, o pensiero.
Alla magion, che non lontana siede,
Moviamo: io là Telemaco inviai
Con Filezio, ed Euméo, perchè allestita
Prestamente da lor fosse la cena.460
     In via, ciò detto, entraro, e, come giunti
Furo al rural non disagiato albergo,
Telemaco trovâr co’ due pastori,
Che incidea molte carni, ed un possente
Vino mescea. La Siciliana fante465
Lavò Laerte, e di biond’olio l’unse,
E d’un bel manto il rivestì: ma Palla,
Scesa per lui di ciel, le membra crebbe