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libro vigesimoquarto 311

Volge il quint’anno omai, che Ulisse sciolse
Dalla mia patria. Sventurato! a destra395
Gli volavano allor gli augelli, ed io
Lui, che lieto partì, congedai lieto:
Quando ambi speravam, che rinnovato
L’ospizio avremmo, e ricambiati i doni.
     Disse, e fosca di duol nube coverse400
La fronte al padre, che la fulva polve
Prese ad ambo le mani, e il venerando
Capo canuto se ne sparse, mentre
Nel petto spesseggiavangli i sospiri.
Ulisse tutto commoveasi dentro,405
E un acre si sentia pungente spirto
Correre alle narici, il caro padre
Mirando attento: al fin su lui gittossi,
E stretto il si recava in fra le braccia,
E il baciava più volte, e gli dicea:410
Quell’io, padre, quell’io, che tu sospiri,
Ecco nel ventesmo anno in patria venni.
Cessa dai pianti, dai lamenti cessa,
E sappi in breve, perchè il tempo stringe,
Ch’io tutti i Proci uccisi, e vendicai415
Tanti, e sì gravi torti in un dì solo.
     Ulisse tu? così Laerte tosto,
Tu il figlio mio? Dammene un segno, e tale,