A te parlerò in vece, e tu l’orecchio
Non ricusar di darmi. Ospite un tale345
Nella mia patria io ricevei, di cui
Non venne di lontano al tetto mio
Forestier mai, che più nel cor m’entrasse.
Nato ei diceasi in Itaca, e Laerte,
D’Arcesio il figlio, a genitor vantava.350
Il trattai, l’onorai, l’accarezzai
Nel mio di beni ridondante albergo,
E degni in sul partir doni io gli porsi:
Sette di lavorato oro talenti,
Urna d’argento tutta, e a fiori sculta,355
Dodici vesti, tutte scempie, e tanto
Di tappeti, di tuniche, e di manti;
E quattro belle, oneste, e di lavori
Femmine sperte, ch’egli stesso elesse.
Stranier, rispose lagrimando il padre,360
Sei nella terra, di cui chiedi, ed ove
Una pessima gente, ed oltraggiosa
Regna oggidì. Que’ molti doni, a cui
Ei con misura eguale avria risposto,
Come degno era bene, or, che qui vivo365
Nol trovi più, tu gli spargesti al vento.
Ma schiettamente mi favella: quanti
Passaro anni dal dì, che ricevesti