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LIBRO VIGESIMOQUARTO.




     Mercurio intanto, di Cillene il Dio,
L’alme de’ Proci estinti a sè chiamava.
Tenea la bella in man verga dell’oro,
Onde i mortali dolcemente assonna,
Sempre che il vuole, e li dissonna ancora.5
Con questa conducea l’alme chiamate,
Che stridendo il seguiano. E come appunto
Vipistrelli nottivaghi nel cupo
Fondo talor d’una solenne grotta,
Se avvien che alcun dal sasso, ove congiunti10
L’uno appo l’altro s’atteneano, caschi,
Tutti stridendo allor volano in folla:
Così movean gli spirti, e per la fosca
Via precedeali il mansueto Ermete.
L’Oceàn trapassavano, e la bianca15
Pietra, e del Sole le lucenti porte,
Ed il popol de’ sogni: indi ai vestiti
D’asfodelo immortale Inferni prati