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libro vigesimoterzo 291

Moglie abbastanza, incontanente mosse,
E a levarsi eccitò dall’Oceàno445
Sul trono d’òr la ditirosea Aurora,
Perchè la terra illuminasse, e il cielo.
Surse allora l’eroe dal molle letto,
E questi accenti alla consorte volse:
Consorte, sino al fondo ambi la coppa450
Bevemmo del dolor; tu, che piangevi
Il mio ritorno disastroso, ed io,
Cui Giove, e gli altri Dei, dalla bramata
Patria volean tra mille affanni in bando.
Or, che agli Eterni riunirci piacque,455
Cura tu prenderai di quanto in casa
Restami; ed io di ciò, che gli orgogliosi
Proci usurpâro a me, parte co’ doni
Del popol mio, parte co’ miei conquisti,
Ristorerommi a pieno, in sin che tutte460
Si riempian di nuovo a me le stalle.
Io nella folta di diverse piante
Campagna sua corro a veder l’antico
Genitor, che per me tanto dolora.
Tu, benchè saggia, il mio precetto ascolta.465
Sorto il novello Sol, per la cittade
Della morte de’ Proci andrà la fama.
Sali nell’alto con le ancelle, e siedi,