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libro vigesimosecondo 265

Così giacean l’un presso l’altro i Proci.
     Subitamente Ulisse in questa forma495
Si converse a Telemaco: Telemaco,
La nutrice Euricléa, su via, mi chiama,
Ciò per udir, che a me di dirle è in grado.
     Ubbidì egli, e incamminossi, e, dato
D’urto alla porta, O d’anni carca, disse,500
Sorgi, Euricléa, che nella nostra casa
Vegli sovra le ancelle. Il padre mio,
Che desia favellarti, a sè ti vuole.
     Non sen portava le parole il vento.
Aprì Euricléa le porte, e in via con lui,505
Che precedeala, entrò veloce, e brutto
Di polve tra i cadaveri, e di sangue
Ulisse ritrovò. Qual par leone,
Che vien da divorar nel campo un toro,
E il vasto petto, e l’una guancia e l’altra510
Ne riporta cruenta, e dalle ciglia
Spira terror: tale insozzati Ulisse
Mostrava i piedi, e delle mani i dossi.
     Quella, come i cadaveri, ed il molto
Sangue mirò, volle gridar di gioja515
A spettacolo tal: ma ei frenolla,
Benchè anelante, e con parole alate,
Godi dentro di te, disse, ma in voci,