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libro vigesimosecondo 263

Insanguinar ti vuoi nel corpo mio?
Ne domanda Telemaco, il tuo dolce445
Figlio, ed ei ti dirà, che nè vaghezza
Di plauso mai, nè scarsità di vitto,
Tra i Proci alteri a musicar m’indusse.
Ma co’ molti, co’ giovani, co’ forti,
Uom che potea debile, vecchio, e solo?450
     Tal favellava; e la sacrata possa
Di Telemaco udillo, e ratto al padre,
Che non gli era lontan, T’arresta, disse,
E di questo innocente i dì rispetta.
Medonte ancor, che de’ miei giorni primi455
Cura prendea, noi serberemo in vita:
Sol ch’ei non sia per man d’un de’ pastori
Caduto, e in te dato non abbia, mentre
Per la sala menavi in furia i colpi.
     L’udì Medonte, il banditor solerte,460
Che sdrajato giacea sotto un sedile,
E, l’atro fato declinando, s’era
D’una fresca di bue pelle coverto.
Surse da sotto il seggio, e il bovin cuojo
Svestissi, e andò a Telemaco, e, gittate465
A’ suoi ginocchj ambe le braccia, Caro,
Gridava, eccomi qua: salvami, e al padre
Di’, che irato co’ Proci, onde scemati