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libro vigesimosecondo 259

Lo scudo rasentando, e lievemente
Solcandogli la spalla, il suo tenore345
Seguì, e ricadde sovra il palco morta.
     Ma non così dall’altra parte spinte
Fur contra i Proci le pungenti travi.
Quella del distruttor de’ muri Ulisse
Fulminò Euridamante, Anfimedonte350
Per quella giacque del suo figlio: Euméo
Scontrò con la sua Polibo, e Filezio
Ctesippo colse con la sua nel petto,
E su lui stette alteramente, e disse:
Politersíde, degli oltraggi amante,355
Cessa dal secondar la tua stoltezza,
Con vana pompa favellando, e ai Numi
Cedi, che di te son molto più forti.
Questo è il dono ospital di quello in merto,
Che al nostro Re, che mendicava, festi.360
Alla zampa del bue l’asta rispose.
Così d’Ulisse l’armentario illustre.
     In questo mezzo di Laerte il figlio
Conquise il Damastoride da presso
Di profonda ferita; e a Leocríto365
Telemaco piantò nel ventre il telo,
Che delle reni fuor gli ricomparve.
L’Evenoríde stramazzò boccone,