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libro vigesimosecondo 257

Provare ancor, per alcun tempo incerta
La vittoria lasciò tra loro, e i Proci.295
Quindi, montando rapida, su trave
Lucido, ed alto, a rimirar la pugna,
Di rondine in sembianza, ella s’assise.
     Frattanto il Damastoride Agelao,
Anfimedonte, Eurinomo, e il prudente300
Polibo, e Demoptolemo, e Pisandro,
Di Polittore il figlio, alla coorte
Spirti aggiungean, come color, che i primi
Eran di forza tra i rimasti in piede,
E l’alma difendean: gli altri avea domi305
L’arco famoso, e le frequenti frecce.
     Parlò a tutti Agelao: Compagni, io penso,
Che le indomite man frenare un tratto
Costui dovrà. Già Mentore disparve
Dopo il bravar suo vano, e su la soglia310
Quattro sono, e non più. Voi non lanciate
Tutti, io ven priego, unitamente: sei
Aste volino in prima; e il vanto Giove
Di colpire in Ulisse a noi conceda.
Caduto lui, nulla del resto io curo.315
     Sei, com’egli bramava, aste volaro,
E tutte andar le feo Pallade a vôto.
L’un de’ pungenti frassini la porta