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libro vigesimosecondo 255

Sospeso, e abbandonato; e quei con l’arme
Sceser, la porta risplendente chiusa;245
E presso al ricco di consigli Ulisse,
Forza spiranti, e ardire, il piè fermaro.
Così quattro guerrieri in su la soglia
Erano; e nella sala un numeroso
Drappello, e non ignobile. Ma Palla,250
L’armipotente del Saturnio figlia,
Con la faccia di Mentore, e la voce,
Tra le due parti d’improvviso apparve.
Gioì a vederla il Laerziade, e disse:
Mentore, mi seconda, e ti rammenta255
Del tuo dolce compagno, onde a lodarti
Non raro avesti, e a cui sei d’anni eguale.
Così l’eroe: ma non gli tace il core,
Che la sua Diva in Mentore s’asconde.
     Dall’altra parte la garriano i Proci,260
E primo il Damastoride Agelao
A minacciarla fu: Mentore, bada,
Che a pugnare in suo pro contra gli Achivi
Non ti seduca favellando Ulisse.
Però che quando per man nostra uccisi265
Giaceran, come ho fede, il padre, e il figlio,
Morrai tu ancora, e il sangue tuo darai
Per ciò, che oprar nella magione or pensi.