Premea di nuovo, riguardando Ulisse.
Ulisse l’arco maneggiava, e attento470
Per ogni parte rivoltando il giva,
Qua tastandolo, e là, se i muti tarli
Ne avesser mai rose le corna, mentre
N’era il signor lontano. E alcun, rivolti
Gli sguardi al suo vicino, Uom, gli dicea,475
Che si conosce a maraviglia d’archi,
È certo, o un arco somigliante pende
A lui dalla domestica parete,
O fabbricarne un di tal fatta ei pensa:
Così questo infelice vagabondo480
L’arco tra le sua man volta, e rivolta!
E un altro ancor de’ giovani protervi:
Deh così in bene gli rïesca tutto,
Come teso da lui sarà quell’arco!
Ma il Laerziade, come tutto l’ebbe485
Ponderato, e osservato a parte a parte,
Qual perito cantor, che, le ben torte
Minuge avvinte d’una sua novella
Cetera ad ambo i lati, agevolmente
Tira, volgendo il bischero, la corda:490
Tale il grande arco senza sforzo tese.
Poi saggio far volle del nervo: aperse
La mano, e il nervo mandò un suono acuto,