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libro vigesimoprimo 239

Oh così, qual di te, più forte io fossi
De’ Proci tutti, che qui sono! Alcuno445
Tosto io ne sbalzerei fuor del palagio,
Dove il tesser malanni è lor bell’arte.
     Tutti scoppiaro in un giocondo riso
Sul custode de’ verri, e della grave
Contra il garzone ira allentaro. Euméo,450
Traversata la sala, innanzi a Ulisse
Fermossi, ed il grande arco in man gli mise.
Poi, chiamata Euricléa, parlò in tal forma:
Saggia Euricléa, Telemaco le stanze
Chiuder t’ingiunge, e dell’ancelle vuole,455
Che per rumor nessuna, o per lamento,
Che l’orecchio a ferir le andasse a un tratto,
Mostrisi fuori, ma quell’opra siegua,
Che avrà tra mano allor, nè se ne smaghi.
     Non parlò al vento. La nutrice annosa460
Tutte impedì le uscite, e al tempo istesso
Filezio si gittò tacitamente
Fuor del palagio, e rinserrò le porte
Del cortil ben munito. Una gran fune
D’Egizio giunco per navigli intesta465
Giacea sotto la loggia; ed ei con quella
Più ancor le porte rafforzò. Ciò fatto,
Rientrava, e la sedia, ond’era sorto,