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libro vigesimoprimo 231

Quale in me l’ardir fora, e quale il braccio.
Ed Euméo nulla meno agli Dei tutti245
Pel ritorno del Re preghiere alzava.
     Ei, come certo a pien fu della mente
Sincera, e fida d’ambiduo, soggiunse:
In casa eccomi io stesso, io, che, sofferte
Sventure senza numero, alla terra250
Nativa giunsi nel vigesim’anno.
So, che a voi soli desïato io spunto
Tra i servi miei: poichè degli altri tutti
Non udii, che un bramasse il mio ritorno.
Quel, ch’io farò per voi, dunque ascoltate.255
Voi da me donna, e robe, ove dai Numi
D’esterminar mi si conceda i Proci,
Voi case dalla mia non lungi estrutte,
Riceverete; ed io terrovvi in conto
Di compagni a Telemaco, e fratelli.260
Ma perchè in forse non restiate punto,
Eccovi a segno manifesto il colpo,
Che d’un fiero cinghial la bianca sanna
M’impresse il dì, ch’io sul Parnaso salsi
Co’ figliuoli d’Autolico. Ciò detto,265
Dalla gran cicatrice i panni tolse.
     Quei, tutto visto attentamente, e tocco,
Piagnean, gittate di Laerte al figlio