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libro decimonono 195

Portano: i veri dal polito corno,
E questi mai l’uom non iscorge indarno.695
Ah! creder non poss’io, che quinci uscisse
L’immagin fiera d’un evento, donde
Tanta verrebbe a me gioja, e al mio figlio.
Ma odi attento i detti miei. Già l’Alba,
Che rimuover mi dee da questi alberghi,700
Ad apparir non tarderà. Che farmi?
Un giuoco io propor vo’. Dodici pali,
Quai puntelli di nave, intorno a cui
Va del fabbro la man, piantava Ulisse
L’un dietro all’altro con anelli in cima;705
Ed ei, lunge tenendosi, spingea
Per ogni anello la pennuta freccia.
Io tal cimento proporrò. Chi meglio
Tender l’arco saprà fra tutti i Proci,
E d’anello in anello andar col dardo,710
Lui seguir non ricuso, abbandonando
Questa sì bella, e ben fornita, e ricca
Magion de’ miei verd’anni, ond’anche in sogno
Dovermi spesso ricordare io penso.
     O veneranda, ripigliava Ulisse,715
Donna del Laerziade, una tal prova
Punto non differir: pria, che un de’ Proci
Questo maneggi arco lucente, e il nervo