Bench’ei del padre le novelle, in vece
Di cercarle sul mar, senza fatica320
Le aspetterà nel suo palagio, io credo.
Disse, e ruppe il concilio. I cittadini
Scioglieansi l’un dall’altro, e alle lor case
Qua e là s’avviavano: d’Ulisse
Si ritiraro alla magione i Proci.325
Ma dalla turba solitario e scevro
Telemaco rivolse al mare i passi,
Le mani asterse nel canuto mare,
E supplicò a Minerva: O diva amica,
Che degnasti a me jer scender dal cielo,330
E fender l’onde m’imponesti, un padre
Per rintracciar, che non ritorna mai,
Il tuo solo favor puommi davante
Gl’inciampi tor, che m’opporranno i Greci,
E più, che altr’uomo in Itaca, i malvagi335
Proci, la cui superbia ognor più monta.
Così pregava; e se gli pose allato
Con la faccia di Mentore, e la voce,
Palla, e a nome chiamollo, e feo tai detti:
Telemaco, nè ardir giammai, nè senno340
Ti verrà men, se la virtù col sangue
Trasfuse in te veracemente Ulisse,
Che quanto impreso avea, quanto avea detto,