Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/494


libro decimosettimo 113

Frattanto uscia della secreta stanza,
Pari a Diana, e all’aurea Vener pari,45
La prudente Penelope, che al caro
Figlio gettò le man, piangendo, al collo,
E la fronte baciògli, ed ambo gli occhi
Stellanti; e, non restandosi dal pianto,
Telemaco, gli disse, amata luce,50
Venisti adunque! Io non credea più i lumi
Fissare in te, dacchè una ratta nave,
Contra ogni mio desir, dietro alla fama
Del genitor furtivamente a Pilo
T’addusse. Parla: quale incontro avesti?55
     Madre, del grave rischio, ond’io campai,
Replicava Telemaco, il dolore
Non rinnovarmi in petto, e lo spavento.
Ma in alto sali con le ancelle: quivi
Lavata, e cinta d’una pura veste60
Le membra delicate, a tutti i Numi
Ecatombe legittime prometti,
Se mi consente il vendicarmi Giove.
Io per un degno forestier, che venne
Meco da Pilo, andrò alla piazza. Innanzi65
Co’ miei fidi compagni io lo spedii,
E commisi a Piréo, che in sua magione
L’introducesse, e sino al mio ritorno