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libro decimosesto 99

Con pronto braccio, e cor, dunque tu pensa.
     Chi a noi soccorra? rispondeagli Ulisse.295
Giudicar lascio a te, figlio diletto,
Se Pallade a noi basti, e basti Giove,
O cercar d’altri, che ci ajuti, io deggia.
     E il prudente Telemaco: Quantunque
Siedan lungi da noi su l’alte nubi,300
Nessun ci può meglio ajutar di loro,
Che su i mortali imperano, e su i Divi.
     Non sederan da noi lungi gran tempo,
Il saggio Ulisse ripigliava, quando
Sarà della gran lite arbitro Marte.305
Ma tu il palagio su l’aprir dell’Alba
Trova, e t’aggira tra i superbi Proci.
Me poi símile in vista ad un mendico
Dispregevole vecchio il fido Euméo
Nella cittade condurrà. Se oltraggio310
Mi verrà fatto tra le nostre mura,
Soffrilo; e dove ancor tu mi vedessi
Trar per il piè fuor della soglia, o segno
D’acerbi colpi far, lo sdegno affrena.
Sol di cessar dalle follie gli esorta,315
Parole usando di mele consperse,
A cui non baderan: però che pende
L’ultimo sovra lor giorno fatale.